Lunedì 1 dicembre 2014 si è tenuto nella parrocchia di san Vito Martire un incontro su "
La vocazione del laico oggi", secondo incontro del percorso per adulti promosso dall'Azione Cattolica interparrocchiale.
Il prof. Notarnicola,
presidente dell'AC di san Vito, ha introdotto brevemente l'argomento,
ricordando i versetti conclusivi del vangelo di Marco, che riassumono la
missione laica affidata agli apostoli.
Tutti abbiamo il compito di diffondere la Parola di Dio.
Si può essere cristiani laici (non all'acqua di rosa) dappertutto: in famiglia, nel lavoro.
Abbiamo poi letto il brano evangelico della chiamata dei primi apostoli (Mc 1, 16-20) e la parola è passata a
don Vito Campanelli, parroco di san Vito, che ha illustrato le varie accezioni della parola laico.
Termine
usato spesso come sinonimo di aconfessionale, agnostico, non credente
oppure in politica per indicare una netta separazione dalle istituzioni
clericali.
Meglio parlare di "fedele laico" che indica una vocazione
ben precisa all'interno della chiesa, riassunta nel capitolo 4 della
Lumen Gentium che illustra le diverse forme di servizio alla chiesa
(gerarchia, laici, religiosi).
Don Vito ha ribadito la dignità della
vocazione laicale. I laici sono partecipi della missione nella
corresponsabilità, chiamati a sviluppare l'indole secolare ossia cercare
il Regno di Dio e trattare le cose temporali (politica, economia,
lavoro).
La
chiesa è il germe del Regno di Dio, ma a volte è distante dal mondo.
Compito dei laici è realizzare un collegamento con il mondo, essere
chiesa in uscita e tradurre in leggi, in scelte le indicazioni del
magistero. Fare cose temporali secondo Cristo, essere dentro il Vangelo
nella comunione ecclesiale in una reciprocità, evitando contrapposizioni
e clericalizzazioni.
Per il bene della chiesa e del mondo ciascuno
deve svolgere il proprio compito: il prete deve fare il prete, il laico
deve fare il laico, lavorando insieme per far crescere la chiesa.
Don Vito ha concluso il suo intervento con alcune provocazioni:
- il ruolo dei laici nelle confraternite, spesso impegnate principalmente a moltiplicare le processioni.
-
la diaconia culturale, promuovere una cultura nuova, alta altrimenti si
arriva a un blocco. Dov'è il laico dove si propone cultura?
- spiritualità nel quotidiano e testimonianza laicale all'interno della famiglia. Cosa fare della nostra vocazione laicale?

A seguire una prima serie di interventi da parte del pubblico che hanno provato a rispondere ai quesiti posti.
Caterina L.
ha espresso qualche dubbio riguardo alla corresponsabilità, sostenendo
di non vederla sempre da parte dei sacerdoti che spesso si accontentano
del lavoro dei laici e non li sostengono nel loro impegno fuori. Essere
laico dentro e fuori dalla chiesa non è la stessa cosa e molte volte si
rim non ci si sente inviati dalla propria comunità per svolgere un
impegno politico o sociale.
Michele G. ha sottolineato che
il primo impegno del laico è fare bene il proprio lavoro, la propria
responsabilità, in modo da dare testimonianza in primo luogo all'interno
della propria famiglia e poi verso il mondo esterno.
Il secondo compito, oggi essenziale, è portare ottimismo, dare un senso pieno alle relazioni.
Importante anche trovare forme comunitarie per un apostolato comune che non si basi solo sulle azioni del singolo.
Una signora
(di cui non ho colto il nome) si è interrogata sulla definizione di
laico come persona adulta nella fede, chiedendosi quanti laici sono
davvero cristiani maturi, laici maturi oppure solo esperti di riti,
processioni senza contenuti, parole vuote.
A suo parere oggi l'umanità, la maturità di laici e sacerdoti sta scemando nella chiesa, un problema da non sottovalutare.
Antonio N.
ha speso qualche parola in favore delle processioni, delle
confraternite e in generale della religiosità popolare che comunque
avvicina a Dio tante persone che per varie ragioni non frequentano più
la chiesa. don Vito ha ribadito che la dinamica dentro/fuori
dalla chiesa va inserita nel mistero dell'incarnazione: Dio che entra
nella storia dell'umanità.
Tutti concorriamo alla missione della
chiesa che non si limita solo alla gestione della parrocchia, ma è
partecipazione alla crescita del Regno di Dio.
La religiosità popolare è importante, ma va evangelizzata dall'interno perchè spesso si perde il ruolo dell'annuncio.
L'apostolato
organizzato deve lavorare insieme al clero per un impegno comune non
solo all'interno della chiesa, ma anche sul territorio.
Ha concluso questo primo giro con un'altra impegnativa domanda.
Cosa può fare l'AC per la crescita del laicato nella città di Gioia?
Gianni F. ha sottolineato l'importanza dell'impegno educativo, anche a livello interparrocchiale.
Non è importante solo evangelizzare, ma soprattutto essere testimoni.Giuseppe C.
ha invitato ad uscire dalla canonica e confrontarsi col mondo esterno,
per promuovere l'AC e vivere la testimonianza nella società civile.
Filippo D. ha osservato che dire di voler portare la chiesa nel mondo implica che ci debba essere una separazione tra chiesa e mondo.
Il cristiano non deve giudicare o essere contro qualcosa; deve testimoniare, ma senza fare falangi da contrapporre agli altri.
Portare
avanti nella nostra vita la testimonianza che ci è stata data, avere
chiari i nostri principi, quel che io devo fare. Non massificare per
essere tutti uguali.don Vito ha concluso l'incontro parlando di consapevolezza, della testimonianza legata al battesimo.
Ha ribadito l'importanza della non autoreferenzialità e del non giudicare gli altri.
La nostra testimonianza deve essere una forza contagiosa, attrattiva, far scoprire che è bello essere cristiani.