Si è svolto venerdì 4 luglio 2014 presso il salone parrocchiale
di Santa Lucia un incontro dal titolo "Oltre il relativismo e la
tristezza del tema presente: la gioia di essere e di credere. tenuto da
don Nicola Di Leo, giudice presso il Tribunale
Ecclesiastico, parroco ed insegnante. Al di là dei vari ruoli ricoperti
una persona di grande cultura, cordiale e disponibile al dialogo, capace
di tenere viva l'attenzione della platea, nonostante la complessità dei
temi trattati.
Nota: per una migliore comprensione e non
perderci tra di nomi e citazioni, ho ritenuto utile aggiungere i link
alle schede di Wikipedia relative agli autori citati.
Per introdurre il tema don Nicola è partito da una citazione dell'allora cardinale Ratzinger , che ha più volte denunciato il pericolo di una "dittatura del relativismo" che rischia di portare ad una crisi della cultura e della civiltà.
Il concetto di relativismo risale al filosofo greco Protagora di Abdera,
sofista chiamato da Pericle per elaborare la costituzione ateniese, che
sosteneva che "L'uomo è la misura di tutte le cose di quelle che sono
in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono".
Il concetto fu poi ripreso da Platone che lo interpreta come "Non esiste una verità oggettiva, ma dipende da come la si percepisce."
Ma allora cos'è la verità, si chiede Platone, e come evitare di cadere nell'agnosticismo ?
Ci vorrebbero più vite per dimostrare l'esistenza degli dei, per cui meglio evitare ogni tentativo.
Per Gorgia
"la parola e più forte del destino."; fa l'esempio di Elena di Troia,
sostenendo che lei non è colpevole perché è stata ammaliata dalle
parole.
Gorgia scrisse anche un "Libro sulla natura cioè su ciò che non è", considerato precursore del nichilismo
che afferma che se qualcosa esiste non si può conoscere o comunque non
si può comunicare. Non possiamo conoscere che una parvenza di un
oggetto, di una poersona, un aspetto della realtà. Le parole non sono
la realtà.
Montaigne molti secoli dopo si chiedeva se i valori etici e morali siano universali. Chi ci dice che siano validi per tutti?
Vattimo afferma
il rifiuto di ogni verità, sostenendo che solo un pensiero debole è
democratico, antitesi a ogni forma di conflittualità e dogmatismo.
Papa Benedetto XVI parla di oscurantismo della legge naturale.
Per alcuni la solitudine è un "ospite inquietante " e tutto ciò che è sacro è destinato a scomparire nell'era della tecnica.
Nietzsche diceva che "Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso, ma l'uomo non è ancora nato, non ha capito che è il creatore dei valori".
Dio è ancora vivo e presente nella vita delle persone in ricerca.
Ionesco nella sua opera "La cantatrice calva
" parla della ricerca intermittente: l'uomo cerca qualcosa, ma sa che
non la troverà. Tuttavia non può fare a meno del trascendente,
dell'assoluto.
Lo svedese Dagerman, poi morto suicida, scriveva "non sarò mai felice perchè non posso accettare l'idea che la mia vita va avanti a rotoli".
Un concetto analogo lo troviamo anche in Cesare Pavese che nel suo "Lo steddazzu" afferma pessimisticamente che non c'è bisogno che il sole si levi ancora, se oggi non accadrà nulla.
Anche Camus dice
che la realtà spogliata dalle sembianze è nulla. E cita il mito di
Sisifo che porta avanti il suo peso con fatica. Non possiamo più contare
su Dio, lo chiameremo in giudizio per averci creati così. La vita
nostra non sappiamo se è solitaria o solidale.
Papa Paolo VI scrive nel 1975 nella Gaudete in Domino che la gioia è la caratteristica di Dio e il creato è cosa buona/bella. Dio ha creato l'uomo con la voglia di essere felice.
La
gioia è effimera, ma la nostra gioia resta tale anche nella
tribolazione. Occorre educare le persone a scoprire le piccole gioie
della vita.
La poetessa Alda Merini in un suo scritto chiede "non mettermi accanto a chi non sa goire".
Enrico Medi
, scienziato e commentatore dell'allunaggio, di cui è in corso la causa
di beatificazione, diceva che "L'uomo diventa grande quando nella sua
piccolezza riesce a raccogliere la grandezza dei cieli e lo splendore
della terra.
Pascal ammetteva "io non conosco l'immensità, ma l'immensità non conosce me".
Il cardinal Bagnasco
scriveva che ciascuno di noi "scopre di essere un'immensa nostalgia di
assoluto, una sinfonia incompiuta". La gioia fa parte di noi, non ce la
può togliere nessuno, nè dare nessuno. Solo inginocchiandoci la
troviamo.
La scrittrice Susanna Tamaro nel suo libro "L'isola che c'è"
scrive che "la via della fede è una straordinaria via di liberazione e
di sapienza, è un cammino per far emergere la parte divina che è in
ognuno di noi. La scelta di chi vuole costruire la casa su una base
solida.
Si può vivere per il possesso o per la comunione, per il
nostro orizzonte ristretto, convinti che sia l'assoluto, o con l'umiltà
di scoprire.
Levinas sosteneva che diventiamo consapevoli di noi stessi solo incontrando l'altro. La nostra vocazione è vivere insieme.
Bauman nota che nella storia mai siamo stati vicini gli uni agli altri e mai così soli, criticando il mondo virtuale.
Il premio nobel Garcia Marquez , recentemente scomparso, scriveva nella sua lettera d'addio che
ogni ora sottratta al sogno è un'ora perduta, che gli uomini diventano
vecchi perchè non amano più e che la morte non arriva con la vecchiaia,
ma con la dimenticanza.
Vivere significa accettare ogni minuto come un miracolo che non si potrà ripetere, vedere in ogni persona un riflesso di Dio.
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