Lunedì 13 novembre 2017 si è svolto presso la chiesa di san Francesco il
primo incontro del nuovo ciclo 2017 organizzato dall'Azione Cattolica
Interparrocchiale di Gioia.
Dopo il canto iniziale e la recita del salmo 62, è stato letto il brano evangelico di Marco dell’obolo della vedova (Mc 12, 38-44).
Dopo il canto iniziale e la recita del salmo 62, è stato letto il brano evangelico di Marco dell’obolo della vedova (Mc 12, 38-44).
Qualche minuto di silenzio per meditare sulla Parola di Dio appena
ascoltata, poi don Giuseppe Di Corrado, parroco di Santa Lucia, ha fatto
una breve introduzione a Marco e al suo vangelo,
prima di soffermarsi sul brano specifico, esordendo con la citazione di
un teologo francese che consigliava ogni tanto di «Spegnere la TV e
leggere il vangelo di Marco tutto d'un fiato».

Marco probabilmente non fu un discepolo diretto di Gesù; alcuni lo identificano con il giovane ricoperto solo da un lenzuolo che al momento dell'arresto di Gesù lo segue per un po' e poi fugge nudo per sfuggire alle guardie.
Giovanni detto Marco era cugino di Barnaba e amico di Pietro; è stato definito il «contemplatore di Dio». Scrisse il Vangelo a Roma, durante la prima prigionia di Paolo.
Collaboratore di Barnaba e Paolo, nella sua casa ospitava gli incontri dei cristiani.
San Paolo nella seconda lettera a Timoteo gli affida Marco che si è preso cura di lui durante la prigionia.
Il Vangelo di Marco è abbastanza breve, solo 16 capitoli; viene letto
negli anni del ciclo B e per completare il ciclo liturgico si aggiungono
brani di Giovanni.
Il vangelo inizia con la frase «Gesù Cristo, figlio di Dio».
Piccolo e incisivo, Marco lo ha scritto come se dovesse incidere su pietra la Parola, da non cancellare più.
È un vangelo ruvido, essenziale, con uno stile da moderno reportage, scritto in un linguaggio diretto, senza peli sulla lingua, non diplomatico o dolciastro.
Il brano che abbiamo letto si può dividere in tre parti:
- 38-40 - critica degli scribi per il loro attaccamento al denaro;
- 41-42 - Gesù osserva il rituale dell'elemosina al tempio;
- 43-44 - Gesù rivela ai discepoli il gesto della povera vedova e la elogia per la sua fede.
Gesù non ama l'atteggiamento ostentato e appariscente degli scribi e la loro avidità e invece loda la semplicità della vedova.
Molti scribi invece di assistere le vedove le derubavano.
Gesù è un osservatore attento davanti alle cassette che raccoglievano le offerte per il tempio (il cosiddetto tesoro).
Osserva i ricchi dare grandi offerte, in realtà solo il loro superfluo. E guarda la vedova offrire solo pochi spiccioli, apparentemente poco, ma è tutto quello che ha.
Gesù esalta la vedova che ha dato tutto quello che aveva per vivere, l'essenziale per la sua esistenza, elogia la sua generosità e condivisione piena.
Contemporaneamente squalifica gli uomini del tempio per la loro ipocrisia. I ricchi danno molto solo per farsi vedere, pensando di poter comprare la benevolenza di Dio.
Il problema non è quanto, ma come si dona.
La vedova nella sua povertà ha dato più di tutti gli altri, ha dato la sua vita e il suo cuore; i ricchi solo le briciole, forse guadagnate proprio divorando i beni degli orfani e delle vedove.
La vedova si affida a Dio, si abbandona a Dio, tralascia le sue sicurezze terrene.
Quali sono i nostri atteggiamenti, i nostri pensieri, i nostri giudizi? Qual è il nostro rapporto con Dio?
Cosa c'è dietro quello che facciamo? Ci siamo come persone, come testimoni? C'è il valore della condivisione o solo la voglia di apparire?
Dobbiamo essere testimoni e trovare la nostra fiducia non in quello che abbiamo, ma in quello che siamo, nel nostro rapporto con Dio.
